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Blog   |   01/09/2020

T.A.C.E: l’idea di Walter Massa va in scena a Copenhagen

Il Barolo & Friends Event, in programma il prossimo 27 novembre a Copenhagen, sarà l’occasione per presentare un’ennesima, geniale, idea di Walter Massa che prende il nome di T.A.C.E., acronimo delle principali uve bianche del Piemonte: Timorasso, Arneis, Cortese ed Erbaluce.

Dopo lo stop forzato a causa del Covid-19 riprendono anche le attività promozionali all’estero e non poteva esserci occasione migliore se non quella dell’evento di punta annuale de I Vini del Piemonte, il Barolo & Friends, in programma il 17 settembre 2021 a Copenhagen. Un appuntamento da segnare sul calendario perché, oltre a rappresentare il più importante evento di degustazione dedicato al vino di tutta la Danimarca, sarà occasione di presentare concretamente un’ennesima, geniale, idea proposta da Walter Massa che prende il nome di T.A.C.E., acronimo composto dai nomi delle principali uve bianche del Piemonte: Timorasso, Arneis, Cortese ed Erbaluce. La dodicesima edizione della manifestazione ospiterà un’area già battezzata come “’isola bianca” grazie alla partnership tra I Vini del Piemonte e il Consorzio Tutela del Gavi, il Consorzio di Tutela Vini D.O.C. Caluso Carema Canavese e il Consorzio Tutela vini Colli Tortonesi.

I produttori vinicoli con I Vini del Piemonte si presentano all’estero per promuovere, assieme alle varietà a bacca bianca che popolano le colline dei principali areali vinicoli della regione, anche un’idea di sviluppo territoriale funzionale al brand cui tutti fanno capo: il “Piemonte”. La presenza di numerose cantine, oltre 40, valorizzerà e rafforzerà l’immagine delle uve che, oltre ad avere in comune la stessa cromia, possiedono una grande attitudine all’invecchiamento, come già si evince da un’analisi dei disciplinari di produzione di Gavi, Roero Arneis e Timorasso, in cui sono previste anche le versioni Riserva, proprio per esaltare i benefici di un maggiore periodo di affinamento in vetro. Da ciò consegue un parallelismo con i cugini francesi, poiché nell’immaginario collettivo degli appassionati di vini e degli addetti al settore, quando si parla di Chablis o di vini bianchi di Borgogna si ha la consapevolezza di poter acquistare etichette da consumare già nei primi anni successivi alla vendemmia, ma anche e soprattutto a distanza di decadi.

Il Piemonte dunque si scopre compatto e un grande areale di uve bianche valoriali per i propri terroir, grandi interpreti del tempo. Un’operazione di outgoing quella de I Vini del Piemonte che enfatizza questa ricchezza di varietà piemontese che ne accresce e rinforza la percezione dei luoghi legati all’uva, locomotore di tutta la filiera produttiva e vitale, ma soprattutto espansiva e complementare per altri attori: ristoranti, hotel, enoteche e servizi.  Stiamo parlando di Tortona con il Timorasso, di Roero per l’Arneis, di Gavi, e non solo per il Cortese e di Caluso per l’Erbaluce.

L’idea di Walter Massa di promuovere quest’isola bianca è stata da subito favorevolmente accolta da Daniele Manzone, direttore de I Vini del Piemonte, ed è per questo che sull’onda dell’entusiasmo è stato scelto il mercato danese per il debutto di T.A.C.E.: un mercato già preparato ai vini piemontesi e “maturo per accogliere novità”, come ha sottolineato Thomas Ilkjaer, giornalista e direttore della Piemonte Wine School in Danimarca, che condurrà le Master Class dedicate ai bianchi della nostra regione.

Ma come nasce T.A.C.E? Lo abbiamo chiesto direttamente a Walter Massa, che ci ha risposto così:

«Nasce da uno sviluppo del mio pensiero. Io nasco rossista, per non dire rossomane, e quando sono entrato in cantina la produzione era dedicata quasi al 100% ai vini rossi, a parte qualche damigiana di vino bianco. Quando ho scelto di fare il mestiere che faccio tutt’oggi, l’ho fatto con la consapevolezza di avere una grande risorsa tra le mani: l’uva Barbera, ma anche Croatina e Freisa, vinificate in purezza o in assemblaggio, ma erano ancora i tempi in cui si lavorava per la vendita in damigiana o addirittura in cisterna….

Successivamente, negli anni ’80, analizzando l’andamento del mercato e la crescente richiesta di vino bianco, ho iniziato a produrre Cortese in 4 ettari di vigna. I risultati qualitativi, però, non rispecchiavano le mie aspettative ed è anche per questo che decisi di puntare sul Timorasso. Volevo dimostrare che la superzona di Monleale e i Colli Tortonesi sono territori vocati alla produzione di grandi vini e non di “serie B” o da sole uve da taglio.

Dopo le prime 560 bottiglie di Timorasso prodotte nel 1987 e immesse nel mercato l’anno successivo, ho scelto di ritardare l’uscita della vendemmia del ’95 al ’97 in modo che il fattore tempo aiutasse ad esprimere al meglio la genetica, il potenziale del territorio e le aziende. Le aziende locali che si apprestavano a coltivare e vinificare il Timorasso a quel punto sarebbero state consapevoli che senza un anno di affinamento la qualità non si sarebbe mai espressa completamente e che il fattore tempo doveva essere un grande alleato e una cosa da raccontare con il sorriso.

In seguito, analizzando la crescita delle superfici vitate e dei volumi prodotti nelle zone del Gavi e dell’Arneis (oggi pari a 1500 e 650 ettari, e 15 e 6 milioni di bottiglie prodotte rispettivamente) ho iniziato a farmi delle domande, cui sono seguiti altri ragionamenti sull’Erbaluce e le sue sfaccettature. I numeri mi hanno dunque fatto riflettere sul riconoscimento e sul posizionamento di questi territori all’estero, dove però non si prende troppo in esame la genetica di quest’uva sconosciuta, le caratteristiche e il potenziale del territorio. Sul tavolo dunque avevo quattro varietà, delle quali due iniziano con una vocale. E in un momento è saltato fuori T.A.C.E.

Sono convinto che i territori senza il racconto della genetica non siano in grado di esprimersi totalmente e che ci sia un grande bisogno di valorizzare e rispettare le uve anche al di fuori del legame con il nome della denominazione di origine. I consumatori infatti, nella maggior parte dei casi, conosco di più il “Gavi” del “Cortese”, un’uva che non ha la stessa percezione in un Monferrato bianco, ad esempio.

Il progetto T.A.C.E. punta dunque a sensibilizzare i produttori e la critica, proponendo un poker di vitigni piemontesi che stanno ottenendo sempre più consensi nelle carte dei vini dei ristornati, nelle guide del settore e nei consumi. Il mio è un invito a sforzarsi e dedicare più energie a queste varietà. Un invito a non tacere. Perché il Piemonte non tace (più), è anche bianco, oltre che terra di grandi rossi.

In ultimo, questo approccio – tengo a precisare – non esclude le altre bacche piemontesi quali Favorita, Nas-cëtta o Baratuciat».

 

Erika Mantovan

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